2.7.11

Lavoro, merce, desiderio - a cura di Gianvito Brindisi e Eleonora De Conciliis


Lavoro, merce, desiderio: questi tre termini traducono due fenomeni epocali e ancora ineludibili del Novecento, l’uno appartenente alla sua genealogia speculativa, l’altro a quella economicopolitica. Se infatti in Occidente la straordinaria crescita del capitalismo post-fordista e post-taylorista, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, ha portato ad una radicale metamorfosi della ‘struttura’ marxiana del lavoro ed alla comparsa di nuove forme di produzione e consumo delle merci, negli stessi decenni l’incontro-scontro del marxismo con la psicoanalisi freudiana e post-freudiana ha fornito all’analisi sociologica classica, incentrata sui rapporti di produzione e sulla sovrastruttura ideologica, la dimensione della profondità: nella teoria sociale ha fatto il suo ingresso l’inconscio e, con esso, il desiderio. A partire da due lezioni di Deleuze coeve alla pubblicazione dell’Anti-Edipo (1972), gli interventi qui raccolti s’interrogano sulle recenti trasformazioni del lavoro, sulla sua immateriale materialità in una società ancora segnata dall’esperienza dell’alienazione e inconsciamente, infantilmente legata al desiderio della merce. In una sorta di autoanalisi collettiva, essi pongono a diversi autori (da Adorno a Marcuse, da Castoriadis a Baudrillard, da Foucault a Simone Weil), e in diverse prospettive ermeneutiche, il medesimo problema psicopolitico: l’inoltrepassabilità storica del capitalismo, sulla soglia tra il ventesimo e il ventunesimo secolo.


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