15.1.15

Surveillance codename generator

A generator of realistic surveillance program codenames for the US National Security Agency.


The language used by a State to refer to its military programs is deliberately cryptic, its code names formed by derisory words or sarcastic phrases without apparent connection to the programs they designate.

Documents leaked by Edward Snowden in the last couple of years have exposed a series of exploits and surveillance programs of the National Security Agency. While some of these feature nicknames and codewords which are marginally suggestive of the covert projects they represent, they ultimately remain cryptic to an external onlooker. They constitute the terminology of a world of classified programs whose outlines are blurry and the very existence insecure.

4.1.15

The birth of digital populism. Crowd, power and postdemocracy in the 21st century… by Obsolete Capitalism


The Italian Five Star Movement led by Beppe Grillo and Gianroberto Casaleggio had an unexpected success in the Italian general elections of February 2013, deeply disrupting the panorama of Italian politics. This book seeks to explore some of the features characterising the emergence of a new political phenomenon: that of digital populism.

We asked Italian and English thinkers from different political and disciplinary backgrounds to contribute to an analysis of some fundamental points behind the rise of populism and the digital relations between masses, power and democracy at the dawn of the twenty-first century.

This is the result of nine interviews carried out between May 2013 and February 2014 with Luciana Parisi, Tiziana Terranova, Lapo Berti, Simon Choat, Paolo Godani, Saul Newman, Jussi Parikka, Tony D. Sampson and Alberto Toscano.

1.1.15

Roberto Ciccarelli: Deleuze-Foucault, così vicini così lontani @ Il Manifesto, 26 luglio 2014


Roberto Ciccarelli:
Deleuze-Foucault, così vicini così lontani
@ Il Manifesto, 26 luglio 2014


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Gilles Deleuze. Pubblicato il primo volume che raccoglie i corsi del filosofo francese dedicati a Michel Foucault. Un’immersione nel labirinto rappresentato dal rapporto tra sapere e potere

Gil­les Deleuze e Michel Fou­cault hanno intrat­te­nuto un’amicizia pro­fonda e distante. Miste­rioso rap­porto, l’ha defi­nita Deleuze nell’intervista a Claire Par­net sull’Abe­ce­daire. Poi suben­trò il ram­ma­rico quando il filo­sofo delle Parole e le cose o di Sor­ve­gliare e punire morì nel 1984. I rap­porti si erano raf­fred­dati dopo una serie di dis­sidi teo­rici e poli­tici. Nel 1976 Fou­cault cri­ticò la nozione di desi­de­rio di Deleuze-Guattari nell’Anti­e­dipo. Poi si allon­ta­na­rono sul caso dell’avvocato della Raf Klaus Crois­sant, estra­dato dalla Fran­cia in Ger­ma­nia nel 1977. Emer­sero diver­genze anche sulla que­stione palestinese. Deleuze con­servò tut­ta­via un enorme rispetto nei con­fronti di Fou­cault. Per lui era una «ven­tata spe­ciale». «Era atmo­sfe­rico», come un’emanazione o un’irradiazione. La si per­ce­piva quando entrava in una stanza. L’aria cam­biava. Ricordo di un gesto di metallo, di legno secco, strano e attraente in cui era pos­si­bile per­ce­pire un grano di fol­lia. Den­tro Fou­cault c’era una pic­cola radice che per­met­teva alle cose di mostrarsi in una luce diversa. Quando la radice ger­mo­glia, pro­duce cono­scenza. Come in ogni atti­vità vivente, la cre­scita è un evento dram­ma­tico. Se la fol­lia è il grano da cui nasce il pen­siero, il trauma è la con­di­zione di un nuovo pensiero. Anche quello di Deleuze è stato un gesto inno­va­tivo. Arti­sta del ritratto, più che com­pi­la­tore di sto­rie della filo­so­fia, il suo è un pen­sare con Fou­cault, non un volerlo spie­gare in quanto autore da col­lo­care in un museo. Il pen­siero è sem­pre con­tem­po­ra­neo, diviene con i suoi pro­blemi. Per que­sto biso­gna cat­tu­rarne l’atmosfera.

TRA MONO­GRA­FIA E RITRATTO

MichelFoucault
Que­sto è il risul­tato di Fou­cault, mono­gra­fia di Deleuze pub­bli­cata nel 1986, due anni dopo la morte dell’amico (ripub­bli­cata da Cro­no­pio). È un libro da leg­gere per capire un per­corso che ancora oggi, gra­zie alla pub­bli­ca­zione dei corsi al Col­lège de France, cono­sce un’inesauribile vita­lità. Per pre­pa­rare i mate­riali di que­sto capo­la­voro della filo­so­fia con­tem­po­ra­nea, Deleuze impartì tra il 1985 e il 1986 un ciclo di lezioni che oggi sono state pub­bli­cate in ita­liano dall’editore Ombre Corte. È da poco in libre­ria il primo volume Il sapere. Corso su Michel Fou­cault (1985–1986)/1, (euro 23, pp. 269). Ne segui­ranno altri due.
Nel 1999, la Biblio­teca Nazio­nale di Fran­cia ha sta­bi­lito un archi­vio delle regi­stra­zioni delle lezioni tenute da Deleuze all’università Parigi VIII tra il 1979 e il 1987. I semi­nari sono stati regi­strati da molti stu­denti, pro­ve­nienti da tutto il mondo, pro­prio come acca­deva a Fou­cault al Col­lège. La Bn ha river­sato le audio-cassette in file digi­tali e così nel 2011 anche le lezioni su Fou­cault sono state rese dispo­ni­bili su Inter­net. È un pia­cere leg­gere, e non solo ascol­tare, i mate­riali densi, la lin­gua com­plessa, il labi­rin­tico argo­men­tare di Deleuze, le ful­mi­nee defi­ni­zioni che col­gono le fasi atmo­sfe­ri­che e i dispo­si­tivi teo­rici con­fluiti nella monografia-ritratto. Filo­so­fi­ca­mente, Deleuze chia­ri­sce l’eredità kan­tiana (e hei­deg­ge­riana) svi­lup­pata da Fou­cault nei primi anni del suo lavoro e spiega come in seguito abbiano pesato sul suo metodo archeo­lo­gico e genea­lo­gico. Ne emerge il ritratto di un filo­sofo nè strut­tu­ra­li­sta, né feno­me­no­logo. Fou­cault è un pen­sa­tore dell’immanenza, un mate­ria­li­sta radi­cale di nuovo genere. Un apprez­za­mento giunto negli anni Ottanta che rispec­chia quello dato da Fou­cault negli anni Ses­santa: il XXI secolo sarebbe stato «deleuziano».

Oltre le linee del potere 
Al cen­tro delle lezioni c’è l’interrogazione sul potere. Con una dif­fe­renza rispetto al 1972 quando, in un dia­logo sulla rivi­sta «L’Arc», Deleuze osservò che il potere di Fou­cault era un con­cetto tota­liz­zante e non spie­gava il motivo per cui gli uomini lo desi­de­rano, pre­fe­rendo essere domi­nati piut­to­sto che man­te­nere la pro­pria libertà. Negli anni suc­ces­sivi, Deleuze avvertì un cam­bia­mento in Fou­cault. Cita una frase da La vita degli uomini infami dove Fou­cault avverte un limite e pro­pone un rime­dio: «Qual­cuno obiet­terà – scrive – riec­coci, sem­pre con la stessa inca­pa­cità di oltre­pas­sare il con­fine, di pas­sare dall’altra parte, di ascol­tare e far com­pren­dere il lin­guag­gio che viene da altrove o dal basso; sem­pre la stessa scelta di col­lo­carsi dalla parte del potere, di quello che esso dice o fa dire». Supe­rare la linea del potere signi­fica rag­giun­gere un ter­reno dove l’esistenza è già data, ma non il modo in cui essa è deter­mi­na­bileNon lo può essere dal potere che non tutto può cat­tu­rare. Biso­gna, al con­tra­rio, par­lare del potere par­tendo da un ter­reno che non è di nes­suno, ma è di tutti. Con la sto­ria della ses­sua­lità e quella della verità in Gre­cia, a Roma e nel primo Cri­stia­ne­simo, Fou­cault cam­biò impo­sta­zione e, invece del potere in quanto tale, ini­ziò a inter­ro­gare l’etica e il suo rap­porto con la politica. L’oggetto di que­sta rifles­sione era uno spa­zio dove il sog­getto è impe­gnato a defi­nire il pro­prio sé attra­verso la media­zione delle norme da rispet­tare e le azioni da com­piere. Tale spa­zio assume una dimen­sione costi­tuente («eto­po­ie­tica» scrive Fou­cault) quando il sog­getto matura la forza di tra­sfor­mare il pro­prio modo di vita, crendo pra­ti­che e modelli giu­di­ca­bili dove emerge un’autonomia dal potere. Que­sto è tanto più vero nelle società neo-liberali dove il potere col­tiva la libertà, men­tre i sog­getti pos­sono svi­lup­pare un’autonomia che è anche il luogo di una con­te­sta­zione possibile. Nelle lezioni, Deleuze insi­ste molto sul rap­porto tra il sapere e il potere, pro­fonda «anti­no­mia» e com­plesso dua­li­smo che carat­te­rizzò la rifles­sione di Fou­cault negli anni Ses­santa. Vent’anni dopo, in corsi come Il governo dei viventi (Fel­tri­nelli) o Sub­jec­ti­vité et vérité, in con­fe­renze rive­la­trici come Sull’origine dell’ermeneutica di sé (Cro­no­pio) o Mal fare, dire vero (Einaudi), Fou­cault inter­roga sem­pre il «sapere», ma da un punto di vista poli­tico e affer­ma­tivo: la verità non è l’espressione di una cono­scenza pura ma è un «sovrap­più di forza» che eccede il potere. Il «sapere» non è più un discorso filosofico-giuridico, ma si pro­ietta sulle pra­ti­che e spinge il sog­getto al supe­ra­mento dei suoi limiti.

Così vicini, così lontani
L’etica viene intesa come una forza che, da un lato, per­mette la matu­ra­zione della volontà di non essere ecces­si­va­mente gover­nati e, dall’altro lato, isti­tui­sce la «poli­tica di noi stessi», cioè «il prin­ci­pale pro­blema poli­tico dei nostri giorni» scrive Fou­cault. Il per­corso seguito da Fou­cault rien­tra in quello che Deleuze ha defi­nito il momento spi­no­zi­sta del pen­siero politico. Più che imporre i valori dell’«uomo», rispet­tando così i prin­cipi della «morale», la poli­tica è l’espressione di una potenza che si mani­fe­sta secondo infi­nite moda­lità e gra­da­zioni. Nasce da qui l’esigenza di spe­ri­men­tare i ruoli, allon­ta­nan­dosi dall’idea che la distin­zione tra chi comanda e chi obbe­di­sce sia irre­ver­si­bile. Tale distin­zione è mute­vole. La poli­tica non è un gioco fis­sato per sem­pre dalla deci­sione di un sovrano o dal con­tratto tra le parti. Essa è una per­ma­nente nego­zia­zione sulle leggi, sul potere e sulle norme. Fou­cault ha affron­tato la sfida dal punto di vista dell’individuo e del suo rap­porto con il governo. Deleuze è invece par­tito da una mol­te­pli­cità, di cui l’individuo e il governo sono espres­sione, cer­cando di arti­co­lare la potenza dei molti e non il potere dei pochi. Due filo­sofi: così lon­tani, così vicini. Uniti dall’idea che l’etica sia l’espressione della potenza, men­tre la poli­tica è una spe­ri­men­ta­zione oltre la linea delle iden­tità pre­sta­bi­lite, dove i molti che obbe­di­scono ai pochi lo fanno in base a cer­tezze infon­date e rine­go­zia­bili. Qual­cosa che il potere, e i suoi custodi, tro­vano intol­le­ra­bile e inaccettabile.