30.11.11

30.11.2011 - Michel Foucault - Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri II. Corso al Collège de France (1984) Feltrinelli Editore



La parrēsia è, in poche parole, il coraggio della verità di colui che parla e si assume il rischio di esprimere, malgrado tutto, l'intera verità che ha in mente; ma è anche il coraggio dell'interlocutore che accetta di accogliere come vera la verità oltraggiosa da lui sentita." Quello del 1984 è l'ultimo corso tenuto da Michel Foucault al Collège de France. Già malato, comincia le lezioni solo a febbraio per terminarle alla fine di marzo. Muore pochi mesi dopo, il 25 giugno. Queste circostanze gettano una luce particolare sul corso, che si è portati a leggere come una sorta di testamento spirituale.
Il libro
Quello del 1984 è l'ultimo corso tenuto da Michel Foucault al Collège de France. Già malato, comincia le lezioni solo a febbraio per terminarle alla fine di marzo. Muore pochi mesi dopo, il 25 giugno. Queste circostanze gettano una luce particolare sul corso, che si è portati a leggere come una sorta di testamento spirituale, dove il tema della morte ricorre frequentemente. Il corso prosegue e radicalizza le analisi condotte l'anno precedente.
Anche qui, la domanda centrale ruota intorno alla funzione del "dire-il-vero" e al ruolo che la verità riveste nell'ambito della politica e dei rapporti di potere.
Si tratta in sostanza di stabilire, nell'ambito della democrazia, un certo numero di condizioni etiche che sono irriducibili alle regole formali del consenso ma che fanno appello alla dimensione morale individuale: il coraggio di fronte al pericolo e la coerenza. Foucault ritorna alle radici della filosofia greca, rivalutandone l'idea di democrazia contrapposta a ogni forma di tirannia, antica e moderna. Nella morte di Socrate non emerge la paura di morire, ma l'angoscia di non poter portare a compimento la propria "missione essenziale", il compito che dà senso a una vita. Attraverso una rivalutazione del pensiero dei cinici – del cinismo antico e delle sue "posterità" moderne e contemporanee – viene sottolineata sia l'importanza di un radicale ritorno all'elementarità dell'esistenza sia lo "scandalo della vita vera": al tempo stesso provocazione pubblica e pratica filosofica, che comporta un accoglimento dell'essenzialità delle cose; si tratta di una vita scandalosa, inquietante, antagonista; una vita ai margini, ma anche una vita che costituisce la critica del mondo esistente e sostiene al tempo stesso l'appello a una vita "altra".

29.11.2011 - È italiana la «porta logica» del computer quantistico @ Corriere della sera



MILANO - È un chip di vetro di due centimetri di lato la nuova «porta logica» del futuro computer quantistico che invece degli elettroni userà la luce, cioè i fotoni. L’hanno ideata, costruita e brevettata un gruppo di ricercatori italiani dell’Università La Sapienza di Roma, del Politecnico di Milano e dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr. I dettagli sono ora pubblicati sulla rivista britannica Nature Communications.
QU-BIT - Sul chip con un laser è stato inciso un circuito integrato che pilota i fotoni in maniera precisa governando la luce polarizzata e trasferendo così una maggiore quantità di informazione in qu-bit che sono gli elementi di base di un computer quantistico. «Finora si lavorava con specchi e altri elementi convenzionali», spiega Paolo Mataloni, professore di ottica quantistica all’Università La Sapienza. «Adesso il nuovo dispositivo miniaturizzato consente risultati prima inimmaginabili e permette di utilizzare l’informazione contenuta nel fotone sfruttando appunto la polarizzazione dello stesso fotone».
CNOT - Il chip di vetro è stato battezzato Cnot e rappresenta uno degli elementi fondamentali per la realizzazione dei computer quantistici ottici. La loro capacità farà impallidire le possibilità offerte dagli elaboratori odierni. Il risultato ottenuto con vari collaboratori, tra cui Fabio Sciarrino e Roberto Osellame, è frutto di un piano finanziato dal ministero Istruzione, università e ricerca e dal progetto europeo Quasar.


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28.11.2011 - Rudolf Hilferding, Il capitale finanziario (Mimesis, Eterotopie, ITA)


«La caratteristica del capitalismo moderno è data da quei processi di concentrazione che si manifestano nel superamento della libera concorrenza e nel rapporto sempre più stretto fra capitale bancario e capitale industriale, in virtù del quale il capitale assume la forma di capitale finanziario». Con queste parole, Rudolf Hilferding annunciava cent’anni fa la sua opera più importante, che rivelava gli arcani del potere della finanza sulla totalità dei processi sociali. A un secolo di distanza, di fronte al fallimento della teoria economica dominante nell’interpretazione e nella cura della Grande Contrazione, è giunto il momento di riscoprire Hilferding. La sua penetrante analisi del denaro, del credito, della società per azioni e della borsa fornisce al lettore contemporaneo le coordinate basilari per indagare sulle determinanti degli odierni processi di concentrazione finanziaria e delle attuali crisi economiche, e offre spunti fecondi per una nuova teoria generale dei meccanismi di riproduzione e crisi del capitale, dello stato e della lotta tra le classi e tra le nazioni per la conquista del potere. Un libro che annoda i fili di una riflessione partita da Marx sulle contraddizioni di un sistema in cui i rapporti tra uomini sono celati dietro rapporti tra cose e il cui nesso costitutivo ha assunto la forma di «un misterioso oggetto la cui ingannevole luce abbaglia tuttora la vista degli economisti, che non si sono ancora decisi a chiudere gli occhi di fronte al suo splendore».


Rudolf Hilferding (1877-1941), economista e uomo politico austriaco, fu esponente di spicco del marxismo teorico, del Partito socialdemocratico tedesco e ministro delle Finanze della Repubblica di Weimar. All’avvento del nazismo, riparò in Francia, dove fu catturato dal governo collaborazionista di Vichy mentre si accingeva a fuggire negli Stati Uniti. Torturato dalla Gestapo, morì in carcere in circostanze mai chiarite.

29.11.11

16.11.2011 Robert Kurz - Vies et mort du capitalisme. Chroniques de la crise (Éditions Lignes)



Le philosophe allemand Robert Kurz, principal théoricien de la critique de la valeur en Europe, propose ici son analyse de la crise financière mondiale de 2008. Selon lui, avec la troisième révolution industrielle (la microélectronique), le capitalisme atteint sa limite interne absolue. C’est à cette limite que les divers épisodes de la présente crise doivent être rapportés pour devenir intelligibles.
Le philosophe allemand Robert Kurz est le principal théoricien de la « critique de la valeur » en Europe. Rédigées avant, pendant et après la crise financière mondiale de septembre 2008, les analyses ici réunies font apparaître que depuis l’avènement de la troisième révolution industrielle (microélectronique), les recettes politiques traditionnelles de la gauche, fondées sur une lecture « classique » de Marx, ont perdu toute efficience. Dans un monde financiarisé à l’extrême, les salariés ne représentent en effet plus qu’une variable d’ajustement d’importance relativement négligeable. La finance mondiale associée à la libre fluctuation des marchés, dont l’épisode dessubprimes a récemment mis au jour l’absurdité et dont les effets ont été désastreux, n’est plus fondée en valeur d’aucune manière. Exiger le maintien des emplois existants, par exemple, tout en fustigeant les « excès » d’une finance mondiale dérégulée, c’est se rendre nostalgique d’une vision fordiste éculée, datant d’un temps où la « valeur » s’articulait encore à la production réelle, et où la monnaie mondiale (le dollar) était convertible en or. Plus grave, c’est exposer la gauche au risque de passer pour une instance de conservation davantage que d’émancipation.
La critique de Robert Kurz s’appuie sur une lecture renouvelée des thèses tardives de Marx ayant trait à la question de la valeur. Elle montre précisément de quelle façon le capitalisme aurait atteint sa « limite interne ». Mais si, comme l’affirme Anselm Jappe dans Crédit à mort, « Le capitalisme fait beaucoup plus contre lui-même que ce que tous ses adversaires réunis ont pu faire », il n’en reste pas moins, selon Robert Kurz, que sa chute ne pourra résulter que d’une mise en cause théorique radicale. En dépit de son profond délabrement et des crises de gravité croissante qu’il engendre, le capitalisme ne pourra en effet être mis à bas par la lutte de classes clairement identifiées (analyse classique ayant fait long feu), pas plus que par les tenants d’un « bien-être de frugalité » fondé sur le concept de « décroissance » ou encore par les chantres d’une prétendue « économie solidaire ».
Pour Robert Kurz, il est urgent de mener une critique théorique catégorielle du capitalisme afin de contester la validité de ses éléments structuraux : le travail abstrait, la marchandise, l’argent et l’État. « Le capitalisme n’est rien d’autre que l’accumulation d’argent comme fin en soi, et la substance de cet argent réside dans l’utilisation toujours croissante de force de travail humaine. Mais, en même temps, la concurrence entraîne une augmentation de la productivité qui rend cette force de travail de plus en plus superflue. En dépit de toutes les crises, cette contradiction interne semblait toujours surmontée via la régénération de l’absorption massive de force de travail par de nouvelles industries. Le « miracle économique  » d’après 1945 a fait de cette capacité du capitalisme un credo. Or, depuis les années 1980, la troisième révolution industrielle a entraîné un nouveau niveau de rationalisation qui a lui-même entraîné une dévalorisation de la force de travail dans des proportions encore jamais vues. La substance réelle de la valorisation du capital se dissout, sans que de nouvelles industries capables d’engendrer une véritable croissance aient vu le jour. La phase néolibérale n’a été que la tentative, d’une part, de gérer de façon répressive la crise sociale découlant de cet état de fait et, d’autre part, de créer une croissance sans substance du capital fictif par l’expansion effrénée du crédit, de l’endettement et des bulles financières sur les marchés financiers et immobiliers. »

15.09.2011 - Le Devenir Debord - Alain Jugnon (Éditions Lignes)



Alain Jugnon met Debord – les textes de Guy Debord – à l’épreuve d’une situation politique aujourd’hui marquée par la « restauration » sarkozienne : sa haine de l’art, de la littérature, de la philosophie… Le Devenir Debord n’est pas un livre de plus sur Debord (sa vie, son œuvre), mais avecDebord, ici considéré comme un instrument de lutte contre une politique globale du capital qui tient l’homme pour rien.
Le Devenir Debord n’est pas un livre de plus sur Debord (sa vie, son œuvre : exigence, exégèse). Mais un livre avec Debord. Devenant Debord. Plus exactement, avec en soi un devenir Debord. Non pas par imitation. La pensée, c’est ce qui ne s’imite pas. Non pas donc pour devenir soi-même Debord après lui. Mais pour que tout devienne un peu de ce que Debord fut et pensa. Le redevienne. Le redevienne au point que lui-même revienne. Jugnon a de ces phrases expéditives qui peuvent étonner mais qui enchantent aussi (c’est selon) ; ainsi, celle-ci : « Tout le monde est mort aujourd’hui : Lacoue-Labarthe, mais aussi Hegel, et encore Artaud. » On ne peut pas être moins philosophe.
Pour enseigner la philosophie (et la maîtriser supérieurement, comme en atteste son Nietzsche et Simondon récemment paru chez Dittmar), Jugnon n’en instruit pas moins un profond procès contre la philosophie en général. Il ne pense pas en philosophe, mais en écrivain : même vitesse, même ton d’affirmation. Il cite, certes, mais comme on donne à entendre des voix dans un théâtre de pensée. Aucun souci de démonstration. C’est une philosophie cependant, mais une philosophie performative – de performance et de performation (en art, on dirait que cela ressemble à une installation). Tout est en réalité pris dans un mouvement, dans une vitesse tels que c’est tout entier à prendre ou à laisser. Puisqu’il s’agit de nuire à un système à quoi il semble que rien ne puisse nuire, tout est bon pour alimenter la forge ou, comme disait Nietzsche, pour faire sa pelote.
Comment commence-t-il ? Ainsi, pas en philosophe, donc : « Mais le mot dont il s’agit pour nous ici a nom : Debord. C’est une voie de fait, un acte politique, du terrorisme intellectuel. » Pas seulement une pensée, donc, mais une pensée en acte, en acte politique, contre la politique pensée par la restauration sarkozienne : sa haine de l’art, de la littérature, de la philosophie… Debord est ici le nom possible – prétendument nihiliste – d’un combat – contre le vrai nihilisme. À ce vrai nihilisme, Jugnon donne le nom d’antihumanisme. Pas au sens admis depuis Foucault, aujourd’hui intenable (trop abstrait, trop conceptuel). Au sens au contraire où il s’agit de reproduire de l’homme contre tout ce qui s’emploie à le tenir pour rien ; et la politique sarkozienne, nom transitoire d’une politique globale du capital, tient l’homme pour rien, le réduit à rien, au mieux le ridiculise, au pire le nie.
Poème si l’on veut, mais poème politique que ce Devenir Debord. Lautréamont, Rimbaud, Nietzsche, Deleuze, Nancy traversent aussi ces pages, que Jugnon cite, souvent, toujours avec passion (ni pour applaudir ni pour se justifier). Citations qu’il emploie par appropriation, et non par ajout ; pas pour ajouter des lignes aux lignes, mais de l’expérience à l’expérience, de la chair à la chair, de la vie à la mort…

28.11.11

Carl Craig, Moritz von Oswald, Francesco Tristano live at RFH @ RBMA London 2010

Moritz Von Oswald Trio live @ Milano 21.10.2010

M. Guareschi e F. Rahola - Chi decide? Critica della ragione eccezionalista (Ombre corte, novembre 2011)

Guantanamo, il Patriot act, le extraordinary rendition, ma anche i centri di detenzione per migranti, l'abuso della decretazione d'urgenza, lo strapotere della protezione civile, per non parlare delle global wars o del conflitto israeliano-palestinese: se il presente si definisce intorno agli imperativi dell'emergenza e della sicurezza, l'eccezione sembra costituirne la chiave di lettura privilegiata. Ma davvero viviamo in uno stato di eccezione permanente e generalizzato?
Parlare di eccezione chiama in causa un atto che sospende temporaneamente un dato ordinamento, identificando un soggetto sovrano che decide. Di tutto ciò è difficile trovare traccia nella crisi in cui precipita oggi ogni possibile distinzione fra interno/esterno, guerra/pace, militare/civile, pubblico/privato. Nasce da qui la necessità di una critica che, attraverso una lettura innovativa di Carl Schmitt e Walter Benjamin e l'analisi degli strappi allo stato di diritto che caratterizzano gli ultimi decenni, incrina l'apparente unanimità con cui ci si appella alla ragione eccezionalista per dar conto delle anomalie del presente. Chiedersi "chi decide?", infatti, significa intraprendere un esercizio di immaginazione geografica, un percorso tra le cartografie sovrapposte e le sovranità multiple che definiscono la governance globale, per scoprire una trama complessa di attori, norme e procedure che si rivela irriducibile a ogni racconto fondato sullo stato di eccezione.

gli autori
Massimiliano Guareschi insegna Politiche globali presso la Facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Genova. È autore di Gilles Deleuze popfilosofo (Shake, 2000) e I volti di Marte, Raymond Aron sociologo e teorico della guerra (ombre corte, 2010). È membro della redazione di "Conflitti globali" e collabora con "il manifesto".

Federico Rahola insegna Sociologia dei processi culturali presso la Facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Genova. È autore di Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell'umanità in eccesso (ombre corte, 2003). È membro delle redazioni di "Etnografia e ricerca qualitativa" e "Conflitti globali". Collabora con "il manifesto".



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Salvatore Natoli - Nietzsche e il teatro della filosofia (Feltrinelli, Universale Economica Saggi)



Nietzsche e il teatro della filosofia

Nietzsche è al contempo uno dei pensatori più noti e più fraintesi, ingabbiato in una serie di luoghi comuni che lascia poco spazio all'approfondimento e alla conoscenza diretta del suo pensiero. Salvatore Natoli, in questo volume che raccoglie le sue riflessioni nietzschiane, offre una chiave di lettura, anzi più chiavi di lettura, per tentare di affrontare il mistero Nietzsche a mente fresca. E con gli occhi dello sguardo filosofico ben aperti.
Il libro
"La formula 'fine del moderno' - entrata da tempo in uso e oggi forse anche uscita - suggerisce l'idea, in qualunque modo la si voglia intendere, che del moderno qualcosa è tramontato. Che, poi, si sia definitivamente concluso, si può anche discutere, ma non v'è dubbio che Nietzsche si colloca al centro di questo snodo e ne rappresenta il radicale crocevia. Motus in fine velocior, e di questo Nietzsche è conseguenza ed insieme manifestazione: non per caso formula la sua filosofia come un annuncio. Per la stessa ragione, costituisce un punto di non ritorno, un inevitabile transito. Ciò dà conto della ragione per cui proprio con Nietzsche venga quasi spontaneo passare al "dopo Nietzsche". È lui che suggerisce d'oltrepassarlo. Questo libro non è perciò, né vuole esserlo, una ricostruzione storico-critica del pensiero di Nietzsche, ma piuttosto insiste e si muove lungo quella traiettoria di pensiero, quella curvatura che Nietzsche ha impresso alla filosofia come luogo proprio per sollevare questioni di verità."

28.09.2011 Jonathan Davies - Challenging governance theory. From networks to hegemony (Policy Press, UK)



About This Book

Theories heralding the rise of network governance have dominated for a generation. Yet, empirical research suggests that claims for the transformative potential of networks are exaggerated. This topical and timely book takes a critical look at contemporary governance theory, elaborating a Gramscian alternative. It argues that, although the ideology of networks has been a vital element in the neoliberal hegemonic project, there are major structural impediments to accomplishing it. While networking remains important, the hierarchical and coercive state is vital for the maintenance of social order and integral to the institutions of contemporary governance. Reconsidering it from Marxist and Gramscian perspectives, the book argues that the hegemonic ideology of networks is utopian and rejects the claim that there has been a transformation from 'government' to 'governance'. This important book has international appeal and will be essential reading for scholars and students of governance, public policy, human geography, public management, social policy and sociology.

Author Biography

Jonathan S. Davies is Professor of Critical Policy Studies at De Montfort University, having formerly worked at the University of Warwick. He studied for his DPhil at the University of York and has since published widely in urban politics, governance and public policy.

27.11.11

Global Crises and the Crisis of Global Leadership - Cambridge University Press, October 2011 - Edited by: Stephen Gill, York University, Toronto



This groundbreaking collection on global leadership features innovative and critical perspectives by scholars from international relations, political economy, medicine, law and philosophy, from North and South. The book's novel theorization of global leadership is situated historically within the classics of modern political theory and sociology, relating it to the crisis of global capitalism today. Contributors reflect on the multiple political, economic, social, ecological and ethical crises that constitute our current global predicament. The book suggests that there is an overarching condition of global organic crisis, which shapes the political and organizational responses of the dominant global leadership and of various subaltern forces. Contributors argue that to meaningfully address the challenges of the global crisis will require far more effective, inclusive and legitimate forms of global leadership and global governance than have characterized the neoliberal era.


Table of Contents


Part I. Concepts of Global Leadership and Dominant Strategies: 1. Leaders and led in an era of global crises - Stephen Gill
2. Leadership, neoliberal governance and global economic crisis: a Gramscian analysis - Nicola Short
3. Private transnational governance and the crisis of global leadership - A. Claire Cutler
Part II. Changing Material Conditions of Existence and Global Leadership – Energy, Climate Change and Water: 
4. The crisis of petro-market civilization – the past as prologue? - Tim Di Muzio
5. Global climate change, human security, and the future of democracy - Richard A. Falk
6. The emerging global freshwater crisis and the privatization of global leadership - Hilal Elver
Part III. Global Leadership Ethics, Crises and Subaltern Forces: 7. Global leadership, ethics and global health – the search for new paradigms - Solomon R. Benatar
8. Global leadership and the Islamic world – crisis, contention and challenge - Mustapha Kamal Pasha
9. Public and insurgent reason – adjudicatory leadership in a hyper-globalizing world - Upendra Baxi
Part IV. Prospects for Alternative Forms of Global Leadership: 10. Global democratization without hierarchy or leadership? The world social forum in the capitalist world - Teivo Teivainen
11. After neoliberalism – left versus right projects of leadership in the global crisis - Ingar Solty
12. Crises, social forces and the future of global governance – implications for progressive strategy - Adam Harmes
13. Organic crisis, global leadership and progressive alternatives - Stephen Gill.

07.10.2011 -Business Ethics and Continental Philosophy - Cambridge University Press - Edited by: Mollie Painter-Morland, DePaul University, Chicago Edited by: Rene ten Bos, Radboud Universiteit Nijmegen



Business ethics has largely been written from the perspective of analytical philosophy with very little attention paid to the work of continental philosophers. Yet although very few of these philosophers directly discuss business ethics, it is clear that their ideas have interesting applications in this field. This innovative textbook shows how the work of continental philosophers – Deleuze and Guattari, Foucault, Levinas, Bauman, Derrida, Levinas, Nietzsche, Zizek, Jonas, Sartre, Heidegger, Latour, Nancy and Sloterdijk – can provide fresh insights into a number of different issues in business ethics. Topics covered include agency, stakeholder theory, organizational culture, organizational justice, moral decision-making, leadership, whistle-blowing, corporate social responsibility, globalization and sustainability. The book includes a number of features designed to aid comprehension, including a detailed glossary of key terms, text boxes explaining key concepts, and a wide range of examples from the world of business.

Table of Contents

Introduction Mollie Painter-Morland and René ten Bos
1. Globalization - René ten Bos
2. Corporate agency - Mollie Painter-Morland
3. Stakeholders - David Bevan and Pat Werhane
4. Organizational culture - Hugh Willmott
ENRON narrative - Hugh Willmott
5. Moral dilemmas and decision-making - Mollie Painter-Morland
6. Organizational justice - Carl Rhodes
7. Reward and compensation - Mollie Painter-Morland
8. Leadership - René ten Bos and Sverre Spoelstra
9. Whistle-blowing - Mollie Painter-Morland and René ten Bos
10. Marketing - Janet Borgerson
11. CSR - Stephen Dunne and René ten Bos
12. Global standards - Andreas Rasche
13. Sustainability - René ten Bos and David Bevan
Glossary
Index.

Laurent de Sutter - Deleuze e la pratica del diritto (Ombre Corte, novembre 2011)



Laurent de Sutter
Deleuze e la pratica del diritto

Postfazione di Sandro Chignola

il libro
La filosofia di Gilles Deleuze si è sviluppata in un continuo confronto con il fuori, con l'altro da sé che di volta in volta ha assunto i tratti del cinema, della psicoanalisi, della scienza, della politica, della letteratura. Più sotterranea è invece la sua relazione con il diritto, portata sapientemente alla luce da questo lavoro di Laurent de Sutter. L'ipotesi è quella che dall'opera deleuziana emerga una vera e propria filosofia del diritto, in cui alla giurisprudenza viene affidato il ruolo di dispositivo di collegamento fra diritto e filosofia. "La giurisprudenza - dice Deleuze - è la filosofia del diritto, e procede per singolarità, prolungamenti di singolarità". La sua caratteristica è quella di stabilire rapporti innovativi sulla base dell'autonomia dei soggetti e del loro agire pratico. È una operazione "disgiuntiva" che smonta la logica "congiuntiva" della legge, il trascendentale al quale vanno in anticipo riferite e ricondotte le azioni.
In un'epoca come la nostra, segnata dalla crisi degli ordinamenti, della legge, delle sue fonti, la prospettiva elaborata da Deleuze fornisce strumenti indispensabili per ripensare il diritto, considerandolo non come una mera codificazione di norme e sanzioni sancite dal potere sovrano ma come una pratica di invenzione, di associazione, di costruzione di relazioni.

l'autore
Laurent de Sutter insegna filosofia del diritto alla Vrije Universiteit Brussel e alle Facultés Universitaires Saint-Louis a Bruxelles (Belgio). Ha pubblicato Pornostars. Fragments d'une métaphisique (La Musandine, 2007), De l'indifférence à la pratique (Puf, 2008) e Contre l'érostisme (La Musardine, 2011). Collabora a numerose riviste e dirige la collana "Travaux Pratique" per la Presses Universitaires de France.

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Gilles Deleuze e Claire Parnet - Conversazioni (Ombre Corte, novembre 2010)


Gilles Deleuze e Claire Parnet
Conversazioni

Postfazione di Antonio Negri

Il libro
"Un'intervista, un dialogo, una conversazione - 'spiegarsi' è molto difficile. La maggior parte delle volte, quando uno mi fa una domanda, anche una domanda che mi tocca, m'accorgo di non avere propriamente nulla da dire. Le domande, come qualsiasi altra cosa, si costruiscono: e se non vi lasciano costruire le vostre domande, con elementi raccolti dovunque, con pezzi presi da qualsiasi parte, se ve le 'pongono', succede che non avete gran che da raccontare. [...] In genere le domande sono tese verso un futuro (o un passato). Il futuro delle donne, il futuro della rivoluzione, il futuro della filosofia, ecc. Ma nel frattempo, intanto che si continua a girare attorno a queste questioni, ci sono dei tipi di divenire che operano in silenzio, in modo pressoché impercettibile. Si pensa troppo in termini di storia, sia essa personale o universale. Mentre i tipi di divenire fanno parte della geografia, sono orientamenti, direzioni, entrate e uscite. Esiste un divenire-donna che non si confonde affatto con le donne, con il loro passato e il loro futuro e bisognerebbe proprio che le donne entrassero in questo divenire, per poter uscire dal loro passato e dal loro futuro, dalla loro storia. Esiste un divenire-rivoluzionario che non è affatto la stessa cosa del futuro della rivoluzione, e che non passa necessariamente attraverso i militanti. Esiste un divenire-filosofia che non ha nulla a che vedere con la storia della filosofia, e che passa piuttosto attraverso coloro che la storia della filosofia non giunge a classificare" (Gilles Deleuze).
"Conversazioni è un libro da leggere, pagina per pagina, forse il mattino, prima di uscire di casa, se si vuol resistere, nel quotidiano, al quotidiano. Se con dolcissima radicalità, si vuol vivere" (Antonio Negri).

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26.11.11

Open Government - Daniel Lathrop & Laurel R.T. Ruma (Eds.) - O' Reilly Media, February 2010



In a world where web services can make real-time data accessible to anyone, how can the government leverage this openness to improve its operations and increase citizen participation and awareness? Through a collection of essays and case studies, leading visionaries and practitioners both inside and outside of government share their ideas on how to achieve and direct this emerging world of online collaboration, transparency, and participation.
Contributions and topics include:
  • Beth Simone Noveck, U.S. Deputy Chief Technology Officer for open government, "The Single Point of Failure"
  • Jerry Brito, senior research fellow at the Mercatus Center at George Mason University, "All Your Data Are Belong to Us: Liberating Government Data"
  • Aaron Swartz, cofounder of reddit.com, OpenLibrary.org, and BoldProgressives.org, "When Is Transparency Useful?"
  • Ellen S. Miller, executive director of the Sunlight Foundation, "Disrupting Washington's Golden Rule"
  • Carl Malamud, founder of Public.Resource.Org, "By the People"
  • Douglas Schuler, president of the Public Sphere Project, "Online Deliberation and Civic Intelligence"
  • Howard Dierking, program manager on Microsoft's MSDN and TechNet Web platform team, "Engineering Good Government"
  • Matthew Burton, Web entrepreneur and former intelligence analyst at the Defense Intelligence Agency, "A Peace Corps for Programmers"
  • Gary D. Bass and Sean Moulton, OMB Watch, "Bringing the Web 2.0 Revolution to Government"
  • Tim O'Reilly, founder and CEO of O'Reilly Media, "Defining Government 2.0: Lessons Learned from the Success of Computer Platforms"
Open Government editors:
Daniel Lathrop is a former investigative projects reporter with the Seattle Post Intelligencer who's covered politics in Washington state, Iowa, Florida, and Washington D.C. He's a specialist in campaign finance and "computer-assisted reporting" -- the practice of using data analysis to report the news.
Laurel Ruma is the
Gov 2.0 Evangelist at O'Reilly Media. She is also co-chair for the Gov 2.0 Expo.


Democrazia digitale + Open Government @ Stati Generali dell'Innovazione



«Valorizzare la creatività dei giovani con l’innovazione sarà l’opportunità perfetta per fare emergere energie, idee e talenti, perché soprattutto le nuove generazioni hanno un ruolo fondamentale per la ripresa del Paese – spiegano Flavia Marzano, Nello Iacono, Carlo Infante, Carlo Mochi Sismondi e gli altri fondatori degli Stati Generali –. Promuovere la democrazia digitale, sarà il modo per costituire le vere fondamenta per un’innovazione sociale diffusa, contrastando il digital divide infrastrutturale, sociale, culturale e territoriale e uniformando le opportunità dello sviluppo di una cultura dell’innovazione e della creatività. Sostenere l’innovazione come opportunità per lo sviluppo delle imprese e per migliorare la qualità della vita dei cittadini, misurerà il beneficio portato dall’utilizzo delle nuove tecnologie, sia per i cittadini che per il sistema economico, migliorando la qualità delle nostre vite e consentendo un varco nel mercato nazionale ed internazionale. Realizzare l’Open Government, creerà le condizioni per lo sviluppo della rete con una regolamentazione che garantisca i diritti della persona e, al contempo, guidi una trasformazione dell’amministrazione pubblica per arrivare, finalmente, ad uno sviluppo del Sistema Nazionale dell’Innovazione». 


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25 - 26 novembre 2011 - Stati Generali dell'Innovazione - Università di Roma Tre


METTI IN AGENDA IL FUTURO DEL PAESE
Stati Generali dell’Innovazione – La roadmap nell’Italia che innova
Roma, 25 e 26 novembre 2011

Bernard Stiegler - Decadence of Industrial Democracy (Polity Press, August 2011)



Bernard Stiegler is one of the most original philosophers writing today about new technologies and their implications for social, political and personal life. Drawing on sources ranging from Plato and Marx to Freud, Heidegger and Derrida, he develops a highly original account of technology as grammatology, as a technics of writing that constitutes our experience of time, memory and desire, even of life itself. Society and our place within it are shaped by technical reproduction which can both expand and restrict the horizons and possibilities of human agency and experience.
In the three volumes of Disbelief and Discredit Stiegler argues that this process of technical reproduction has become dangerously divorced from its role in the constitution of human experience. Radically challenging the optimistic view of new technologies as facilitators of learning and progress, he argues new marketing techniques shortcircuit thought and disenfranchise consumers, programming them to seek short-term gratification. These practices of ‘libidinal economics’ have profound consequences for nature of human desire and they underpin the social and psychological malaise of contemporaty industrial society.
In this opening volume Stiegler argues that the industrial model implemented since the beginning of the twentieth century has become obsolete, leading capitalist democracies to an impasse. A sign of this impasse and of the decadence to which it leads is the banalization of consumers who become ensnared in a perpetual cycle of consumption. This is the new proletarianization of the technologically infused, hyper-industrial capitalism of today. It produces a society cut off from its past and its future, stultifying human development and turning democracy into a farce in which disbelief and discredit inevitably arise.


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Open Source Textbooks - Infographics @Online Schools

Open Source Textbooks
Via: Online Schools

Il primo iper-fumetto d'autore, Jeckyll & Hyde di Mattotti e Kramsky, disponibile gratuitamente per iPad (Einaudi, nov. 2011)



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oltre 200 note di lettura
40 bozzetti originali e inediti
50 minuti di lettura teatrale



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«Siamo come tante belve, in labirinti sempre più vasti».
L'uomo «non è veramente uno, ma veramente due»: l'orgoglioso e rispettabile Dr. Henry Jekyll conduce ricerche scientifiche sulla dualità dell'essere umano. Dopo aver messo a punto un siero capace di dividere l'anima in due personalità opposte decide di provarlo su se stesso, dando vita all'abominevole e scatenato Mr. Edward Hyde. Impotente davanti ai crimini scellerati commessi dal suo alter ego, il Dr. Jekyll lotterà per riprendere il controllo del proprio destino, nella speranza di sottrarsi al baratro che lui stesso ha spalancato...

Una metamorfosi inquietante, capace di raccontare la lotta senza tempo fra bene e male, fra razionalità e puro istinto: pubblicato per la prima volta nel 1885, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde di Robert L. Stevenson è stato al centro di innumerevoli riletture, trasposizioni cinematografiche, teatrali ed artistiche, dal film muto al musical, fino al fumetto d'autore. Nel 2002, il classico di Stevenson si è trasformato di nuovo, approdando al graphic novel con il Jekyll&Hyde di Lorenzo Mattotti,pubblicato in Italia da Stile Libero e sceneggiato da Jerry Kramsky - a partire dalla storica traduzione einaudiana di Fruttero e Lucentini. Ed è così che la follia di Hyde prende vita nelle tavole di un grande maestro dell'illustrazione, per un viaggio visionario al centro del cuore dell'uomo.
A dieci anni dall'uscita del graphic novel, le matite e i colori di Mattotti trovano nuova profondità e ricchezza in un'applicazione iPad - la prima realizzata della casa editrice - che rende possibile una nuova esperienza di lettura del Jekyll&Hyde, tra tavole originali arricchite da note e bozzetti, contenuti inediti e contributi video.






I contenuti
Note d'autore
Una lettura approfondita, che svela le fasi di preparazione del Jekyll&Hyde, i riferimenti iconografici e il lavoro di sceneggiatura, dal testo di Stevenson alla tavola finita. 
Ad accompagnare l'esplorazione, video e contributi filmati dall'intervista a Lorenzo Mattotti, tra la «lezione di fumetto» e il dietro le quinte del graphic novel.

In scena
Una lettura interpretata, cinquanta minuti di montato dove la successione delle vignette è accompagnata dall'interpretazione degli attori e dall'improvvisazione musicale.
Contributi speciali
Un'intervista a Lorenzo Mattotti, i bozzetti originali, il quaderno degli appunti per lo studio dei personaggi e lo sviluppo della storia, una galleria di disegni liberi ispirati a Jekyll&Hyde e realizzati per la retrospettiva alla galleria Nuages, la rassegna stampa in occasione dell'uscita del libro e un video esclusivo che riprende Lorenzo Mattotti al lavoro su un'illustrazione.
Lo strano caso...
Il testo originale di Stevenson nella traduzione einaudiana di Fruttero e Lucentini.


L'applicazione iPad può essere scaricata gratuitamente dall'Apple Store:
LORENZO MATTOTTI - Jekyll & Hyde

La ricchezza dei contenuti, l'alta definizione delle immagini e la qualità dei contributi video richiedono un adeguato spazio di memoria per l'istallazione.
Non serve nessuna connessione a internet per l'utilizzo (i contenuti sono tutti accessibili in locale).



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Oltre Marx. L'urgenza della de-proletarizzazione - Bernard Stiegler @ Kainos, nr. 11 (interview by Paolo Vignola)


Paolo Vignola: Ars Industrialis, l’associazione di cui lei è uno dei fondatori, ha pubblicato il suo secondo manifesto nel 2010 (il primo era del 2005), dimostrando un’attenzione politica encomiabile di fronte alla crisi planetaria attuale. In particolare, avete lanciato una proposta economica molto ‘‘filosofica’’ per uscire da questa situazione: l’economia della contribuzione, dei software liberi e della partecipazione civica. Inoltre, Ars Industrialis produce cultura – economica, politica, ma soprattutto ‘‘industriale’’ – attraverso seminari, riflessioni, assemblee e conferenze pubbliche, ecc. In altre parole, combattete l’ignoranza al di fuori del ‘‘regno dell’ignoranza’’, ossia all’interno di spazi che restano estranei ai territori della telecrazia – se non quando qualcuno di voi compare in televisione. In quest’ultimo caso vincere l’ignoranza diventa molto difficile. Come pensate allora di combattere l’ignoranza all’interno del suo regno?
STIEGLER: La risposta che ho dato in precedenza riguardava la televisione, ma disgraziatamente il regno dell’ignoranza ha incominciato a svilupparsi ben prima della televisione, attraverso la proletarizzazione. Ora, il programma di Ars Industrialis è ciò che chiamiamo la “deproletarizzazione”. Pensiamo infatti che oggi la proletarizzazione abbracci tutte le categorie sociali, compresa l’alta borghesia, perché per noi la proletarizzazione non è la pauperizzazione né l’impoverimento. Sovente la proletarizzazione può avere tali conseguenze e purtroppo oggi la pauperizzazione è una conseguenza massiva, ma la proletarizzazione è un’altra cosa. La proletarizzazione è precisamente la perdita del sapere, ossia l’estensione dell’ignoranza, la crescita dell’ignoranza. Essa si produce, secondo noi, innanzitutto per delle ragioni tecnologiche. Ciò significa che la proletarizzazione non è indotta dalla volontà di qualcuno, ma dal fatto che l’industrializzazione e lo sviluppo della tecnologia si producono essenzialmente attraverso l’esteriorizzazione dei saperi nelle macchine, negli strumenti, ecc. Così, lo sviluppo della tecnica comincia sempre con il corto-circuitare i saperi, ossia producendo proletarizzazione. Ed è questo ciò che vuol dire ‘‘proletarizzazione’’ nel senso principale che è stato utilizzato per la prima volta da Marx – ma che è descritto in modo più generale anche da Adam Smith. Noi pensiamo che per combattere questo processo di proletarizzazione non sia assolutamente necessario opporsi alla tecnologia, perché non crediamo che sia possibile opporsi alla tecnologia e all’industria; lo si può combattere, invece, sviluppando un altro rapporto con l’industria e la tecnologia. Da questo punto di vista siamo post-marxisti (lo stesso Marx pensava che fosse necessario impadronirsi dell’industria, e non opporvisi), poiché non utilizziamo la stessa logica dei marxisti, ma al tempo stesso riprendiamo alcune analisi di Marx. Possiamo prendere come esempio il software libero, perché si sviluppa come una nuova pratica della tecnologia che non si basa sulla distruzione dei saperi, ma al contrario è fondato sulla loro condivisione e sul loro sviluppo. Questo aspetto del software libero è stato compreso da molti, a cominciare dai pensatori italiani – Paolo Virno, per esempio, e molti altri che sono vicini a Toni Negri (io mi riferisco maggiormente a Simondon). Insomma, anche noi siamo vicini a chi, in Italia, pensa che il software libero porti in effetti a un nuovo modello economico e industriale in grado di svilupparsi parallelamente. Inoltre, noi pensiamo che tale modello sia generalizzabile, semplicemente poiché è razionale.