9.10.11

Foucault - L'emergenza delle prigioni

Possiamo riconoscere l'epoca in cui viviamo come quella della compiuta e definitiva affermazione della società neo-liberale, dello sgretolamento dello Stato sociale, della erosione delle forme del legame sociale tradizionale. Si devono così ripensare alla radice i modi con cui gli stati cercano di fronteggiare e governare l'insicurezza diffusa da tali mutamenti. Di fronte a un ordine sociale infranto e a un legame comunitario disgregato, riemerge il ricorso all'applicazione selettiva del sistema penale e della sanzione punitiva e alla crescente segregazione etnica. Ma alla diffusione di un sentimento di vulnerabilità e di insicurezza vengono fatte corrispondere anche nuove tecnologie disciplinari, dal braccialetto elettronico alla videosorveglianza alla biometria, a cui hanno cominciato ad affiancarsi tecniche di controllo sulla vita che arrivano a penetrarla ormai persino nel suo grado infinitesimale, con la necessità crescente di prevenire i fattori di rischio. Già quarant'anni fa Michel Foucault aveva cominciato a riflettere su quanto di tali trasformazioni cominciava ad annunciarsi, e proprio sulla funzione e le metamorfosi dell'«arcipelago carcerario» aveva piantato il bisturi di quella vera e propria «anatomia politica» che il metodo genealogico da lui messo a punto voleva essere. Di qui era venuto un prodigioso inventario dei nuovi pericoli, associati alla pratica della libertà messa in atto nelle moderne democrazie e alla trasformazioni dei meccanismi di controllo e di potere necessari alla contemporanea società di sicurezza. Comprendere come si ridefiniscano oggi le forme di una società sempre più penetrata da tali dispositivi e da tali tecnologie è un esercizio imprescindibile, se vogliamo riservare ancora una parte a quella libertà. E in questo i bellissimi scritti e interventi di Foucault conservano tutta la loro necessità e attualità intempestiva.


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