(...) Adotterò un punto di vista che probabilmente vi sembrerà troppo lontano, e che non è nemmeno storico, bensì quasi etnologico. Comincerò dicendo quanto segue: credo che, in realtà, l’idea secondo cui la verità sarebbe universale, eterna, che vi sia verità ovunque e sempre, e che dappertutto attorno a noi la verità incomba, ci attenda, sia presente in silenzio, passiva e addormentata, aspettando il momento in cui getteremo lo sguardo su di essa e infine la risveglieremo, l’idea che la verità e l’universale coincidano, sia un’idea da filosofi, dunque un’idea da studiosi che ha avuto corso lungo l’intera storia di quello che potremmo chiamare il nostro imperialismo culturale.
E tuttavia se consideriamo la trama, la fibra della nostra società, della nostra civiltà, delle nostre istituzioni, ci accorgiamo che in fondo abbiamo sempre, anche in uno stadio avanzato, delle tecniche, dei rituali, delle istituzioni che hanno la funzione di determinare, di isolare momenti specifici o luoghi differenziati, a partire dai quali la verità potrebbe infine rifulgere: come se, alla fin fine, la verità non fosse propria di ogni luogo, né di ogni tempo, ma dovessero esserci luoghi in cui la verità esplode e appare, momenti in cui la verità può essere colta, momenti in cui viene alla luce.
Esiste dunque tutta una geografia culturale della verità. E c’è nelle nostre società, o per lo meno c’è stata, nella società, una geografia delle sedi profetiche. I filosofi greci si chiedevano perché, appunto, si ritenesse che la verità dovesse parlare a Delfi e, dopotutto, noi abbiamo ancora, nelle chiese e nelle università, dei luoghi che chiamiamo “cattedre”, da cui si suppone che la verità parli. Anche la cella del monaco, l’isolamento monastico, costituivano a loro volta una modalità di predisporre un determinato luogo geografico in cui la verità avrebbe potuto prodursi. C’è stata inoltre una sorta di cronologia della verità.(...) - Michel Foucault
Tratto da Aut Aut n.351, 2011, pg. 91-92: Trascrizione (parziale)della conferenza tenuta da Foucault a Montréal il 9 maggio 1973, nel quadro del colloquio organizzato da Henri F. Ellenberger dal titolo “Faut-il interner les psychiatres?”. Si tratta della trascrizione della registrazione della conferenza, di cui non esiste una versione scritta. La prima versione del testo francese è recentemente apparsa in “Cités”, fuori serie, 2010; una seconda versione è apparsa nel recente “Cahier de l’Herne” dedicato a Foucault e pubblicato nel febbraio 2011.
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