6.11.11

Dopo gli anarco-apostoli di Negri, ecco il Santo 2.0 della Nuova Politica che Tutti Anelano (acronimo S2.0NPcTA)



Io c’ero. Sia lo scorso anno, nell’era Civati-Renzi, sia quest’anno. Pre e post Big Bang dunque. Ecco, il merito sta tutto qua. Chiamatela esplosione, rottura, rinnovamento, movimento, deflagrazione: nulla sarà più come prima. Da anni parliamo di innovazione della politica e di partecipazione 2.0 e in un sol colpo l’abbiamo vissuta. Al di là della costruzione voluta dal sindaco in persona del Big Event, ed era prevedibile che l’avrebbe realizzato così come è stato, nei minimi dettagli, imprevedibile era l’effetto reale che avrebbe avuto. Il primo evento di politica 2.0 in diretta compiutamente popolare mai vissuto dagli italiani. Non dico da paragonarlo alle piazze virtuali che hanno provocato le rivoluzioni nord africane, ma il modus è simile. Numeri di partecipazione sul web da capogiro e in compresenza. Facebook, twitter stracollegati balzavano da dentro la Leopolda nelle mani di ciascuno di noi verso l’esterno e viceversa, battendo ogni tv e ogni testata di giornale. Lo ha dichiarato lui stesso: ci sono milioni di persone sui social forum, io sono là. 


Matteo sul palco, dal suo smartphone, leggeva i commenti, critiche e osanna, e subito li rimbalzava in multitasking come i quindicenni. Ma lo stesso poteva fare chiunque in sala col suo telefono o il suo ipad, oltre che dalle postazioni presenti alla Leopolda. Tutto nello stesso istante. Interventi sul palco, foto, commenti, lì e altrove. Mille voci, mille luoghi in un ‘unica discussione. Senza preclusione alcuna. Quando mai si era visto? Se dovessi fare l’analisi approfondita degli interventi, tornare alle riflessioni lente del fare politico, non renderei nessuna giustizia a quello che è accaduto e sta accadendo. Sempre che si abbia la coerenza di leggere come un valore l’innovazione dei linguaggi che tutti si affannano a volere messa in atto. 


Se dovessi ancorarmi al problema se Matteo sia più di destra che di sinistra, se scalcia o si agita, se smuove o commuove, non farei altro che ripetere quello che stanno dicendo in molti. Io riporto il sentire di chi ha meno di venti anni: di queste discussioni e analisi sovrastrutturali non ci trovo nulla. Mi arrivano commenti e domande da miei ex alunni (nati e cresciuti in una periferia palermitana, non a Seattle), che adesso sono alle superiori, magari i più svegli, “quelli da liceo” (ahimé costa riconoscerlo, le scuole tecniche italiane sono ancora ghetti dell’assenza di pensiero), che discutono del merito delle proposte che li riguardano più da vicino, banda larga, ambiente, idee, lavoro, senza nemmeno chiedersi se ciò sia di sinistra o di destra, se è giusto che le proposte vengano da comuni cittadini o da economisti come Zingales, e mi cercano su Facebook, «ma lei era davvero là, prof?», «ma glielo doveva dire questo...» Mi stupisco perché arrivano su twitter, via mail, ovunque e camminano con me. In quanti se ne sono accorti? Era davvero un grande spettacolo? Solo quello? No. 


Ho osservato l’abisso tra quelli che nemmeno se ne rendevano conto, perché “anziani” (anche di 40 anni…), che la novità era quella, e quelli che non se ne rendevano conto perché «per loro è normale», i ventenni. Servirà tutto ciò a frenare le emergenze terribili di questi giorni, a dare coscienza di quello che accade a chi forse non ne ha mai abbastanza? Non lo sappiamo. Mi insegnano che la partecipazione è la base della democrazia, la premessa o l’esito della consapevolezza dell’agire. In questi giorni c’erano: partecipazione massima, interesse, presenza nell’assenza, voglia e desiderio. Molti si affannano a definirne le differenze, tra Renzi e Civati, tra lo scorso anno e adesso, tra ciò che dovrebbe essere e manca, ma il segno rimane: è già nel paese. Renzi lo ha solo letto meglio di altri e, soprattutto, lo ha fatto comunicare agli stessi protagonisti: le persone. (...)


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