23.12.15

Le lettere di Foucault e la musica di Deleuze di Tòmas Abraham @ Biropress/bironcho, 22 dic. 2015


Le lettere di Foucault e la musica di Deleuze

di Tòmas Abraham @ Biropress/bironcho Leggi QUI

Questo appassionante saggio, analizza il fenomenale corso che Gilles Deleuze ha dedicato nel 1986 alla riflessione di Michel Foucault sul potere, ed è una bozza del suo libro, sul filosofo di “Sorvegliare e Punire”; ci offre così, il beneficio di percorrere, quello che è il processo di sviluppo del suo pensiero, senza fra l’altro nascondere le sue esitazioni agli studenti. È interessante notare, che nei suoi corsi del martedì, presso l’Università di Vincennes, Deleuze si accomoda nella sua scrivania con una pila di libri contrassegnati con divisori e senza appunti. Ognuna delle undici esposizioni del trimestre, ha decine di pagine, dove spesso la parola dell’insegnante cade nel vuoto, tant’è che lui stesso insiste con i suoi studenti, affinché gli facciano delle domande, per rompere così, il suo persistente silenzio. Più di una volta dice di essere esaurito, e allo stesso tempo, ammette che le sue dichiarazioni sono difficili da capire anche per lui, e il grado di astrazione cui arriva il suo pensiero, testimonia questa difficoltà.
Ora, se mettiamo a confronto i testi dei corsi pubblicati da Foucault con quelli da Deleuze, il contrasto non può essere maggiore. Il primo, leggeva lo scritto preparato meticolosamente; concettuale, precisione argomentativa, ordinamento didattico, ma anche eleganza nello stile. Non è il caso di Deleuze che, come dice egli stesso, cerca di sistematizzare al momento, in un corpo teorico, i ragionamenti che Foucault aveva deciso di conservare in uno stato pratico, sulla necessità analitica delle sue ricerche; inoltre, propone un nuovo vocabolario da sovrastampare sul materiale in discussione.

Diagramma del modello disciplinare

L’obiettivo del corso, dunque, come dicevamo, è quello di presentare il pensiero di Foucault sul potere, e Deleuze lo fa, partendo dalla lettura di Nietzsche, privilegiando la nozione di “forza“. Nel corso precedente, dedicato a “Sapere” sempre nel lavoro di Foucault, si occupa delle forme sedimentate in strati secondo una procedura “archeologica“, questa volta, tratta sulla molteplicità delle forze in tensione. Queste forze non hanno qualità – Deleuze afferma che il potere è transqualitativo – sono parte di una dinamica, il cui significato è di imporre una carica di energia e dominare le altre forze che a queste resistono. Il modo in cui le forze agiscono è variabile e acquista la sua caratteristica distintiva in ciò che egli chiama “diagramma“. Questo termine appare come decisivo, pur apparendo solo una volta negli scritti di Foucault; per capire come l’atto dei “diagrammi” agiscono, Deleuze ritiene necessario fare alcuni chiarimenti, tornando al suo corso precedente, dove parla di due modi in cui la conoscenza si materializza: visibilità e dichiarazioni. Ora, sappiamo che il pensiero di Foucault, è quello di un filosofo, che ha legato i suoi discorsi, agli spazi d’implementazione: le case di cura, gli ospedali, le carceri, i conventi, le officine, i magazzini, i lebbrosari, mostrando queste istituzioni, in cui l’applicazione delle norme e le razionalità messe in gioco, presuppongono un ordinamento in cui i corpi, occupano posti per un occhio che custodisce, che li separa, li gerarchizza, li discrimina, li potenzia o li elimina. Ecco, Deleuze chiama visibilità, ciò che viene a galla, qualcosa su cui si è fatto luce, prodotti specifici dichiarati, estratti da un magma linguistico. Luce e linguaggio – fattori condizionanti allo stesso modo dei priori kantiani di spazio e tempo – non sono necessariamente simmetrici né analogici, ma, al contrario, sono disposti secondo una serie parallela e divergente, e quando s’incrociano, producono un evento, non attribuibile a una necessità o determinazione storica e nemmeno a una predestinazione di origine. Vediamo dunque, un intervento dell’azzardo, in una concezione della storia, in cui primeggia una contingenza articolata, in un modo reticolare, che darà luogo a dispositivi di sapere-potere. Così è accaduto, ad esempio, con l’asilo e la prigione, dove i discorsi di medicina e del diritto, degli alienisti e i riformatori, hanno seguito le proprie linee argomentative; discussioni interne riguardo alle loro discipline, estranei dunque, a progetti architettonici e alle modificazioni degli spazi di chiusura, che vanno dall’ospedale generale alle cliniche psichiatriche o alle aree di agglomerazione degli emarginati nella galera, divise in celle, destinate alla figura del delinquente.
Deleuze sostiene che l’incrocio tra il livello enunciativo e quello della visibilità, s’intende con l’intervento di un terzo asse, chiamato asse di potere o diagramma. Quest’asse distribuisce le singolarità sparse, e le inserisce in una curva che lui descrive con un lessico importato dal calcolo infinitesimale: derivati, integrali, passaggi al limite, ma che è inutile riportare, perché non aiuterebbero molto, a comprendere un contenuto di questa portata.Non è facile sintetizzare le quattrocento pagine di questo corso che si sommano alla stessa quantità di pagine pubblicate nel precedente trimestre, possiamo solo tentare, di fermarci, nelle principali linee di argomentazione: una forza agisce sempre su un’altra forza. Le forze sono dispari. Bisogna padroneggiare una molteplicità dei”senza nomi”. La nominazione è data dai dispositivi del sapere. Deleuze definisce il sapere come “l’arte di gestire materie formate e funzioni formalizzate“; studenti, detenuti, pazienti, operai, sono la materia, le funzioni formalizzate sono quelle di insegnare, vigilare, curare, controllare. Il potere, perciò, non è una proprietà, né un attributo né una capacità, e non viene identificato con la violenza o la repressione, è qualcosa di molto più sottile e sfuggevole, questo, si esercita secondo strategie mutevoli per imporsi ad una moltitudine, attraverso processi d’istigazione, induzione, persuasione. Gli obiettivi del potere sono la conservazione dei privilegi, l’accumulo dei profitti, l’applicazione di un’autorità statutaria, o l’esercizio di una funzione. Il metodo strumentale del potere si manifesta con la minaccia delle armi, effetti della parola, la disuguaglianza economica o meccanismi di controllo. Le sue forme d’istituzionalizzazione sono la famiglia, la scuola, l’esercito, ecc. e lo scopo di un’istituzione è la riproduzione del potere. Potere che si applica, come una forza nello spazio-tempo, nel quale si racchiude, si fa quadrato, si serializza; può essere implementato secondo il modello della peste, come quello del panopticon, un carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham, dove, un sorvegliante può osservare (opticon) tutti (pan) i soggetti di una istituzione carceraria, senza permettere a questi di capire se sono in quel momento controllati o no. Questo nome si riferisce anche ad Argo Panoptes della mitologia Greca: un gigante con un centinaio di occhi, considerato perciò un ottimo guardiano.
In Foucault, come sottolinea Deleuze, vediamo il diagramma del potere nella modernità, seguire due piste: un meccanismo destinato a piccole parti di popolazioni in spazi limitati, che egli chiama anatomo-política dei corpi, percorsi da un occhio esaminatore, e la bio-politica delle popolazioni, in cui si elabora la gestione della vita di una grande molteplicità in uno spazio aperto, in base alle proiezioni probabilistiche. Deleuze distingue poi, il diagramma di sovranità dell’epoca feudale, in cui una forza estrae energia da altre forze, dal diagramma del modello disciplinare, in cui la costruzione della forza risultante è maggiore della somma delle forze dei suoi componenti. Da un modello estrattivo a un altro produttivo. Inoltre, estende gli esempi diagrammatici al potere pastorale, caratterizzati dalla sua attenzione individualista, in cui, ogni pecora del branco umano, viene identificato e preso in considerazione nella sua unicità, fino alla città greca dove primeggia la rivalità tra i maschi liberi. Le mutazioni che fanno passare da un diagramma ad un’altro, sono dovute a punti di resistenza.
Negli ultimi capitoli del libro, si legge la sorprendente interpretazione della “morte dell’uomo“, in corrispondenza con l’annuncio nietzscheano del superuomo o oltreuomo.
Deleuze rileva che nel XVII secolo, quello che è il periodo classico, gli attributi dell’uomo si mediano secondo un ideale di perfezione, in cui Dio smette di essere un Creatore per identificarsi con l’infinito. Cartesio, Pascal, Spinoza e Leibniz, sono i filosofi che hanno sviluppato sistemi in cui Dio è il garante nominale di un ordine metafisico. Nel XIX secolo, la figura dell’uomo, ripiega, verso la finitezza. Kant nella filosofia, Sade nella letteratura, e le discipline empiriche quali la biologia, la filologia e l’economia politica, illustrano la nuova dispersione in ambiti della conoscenza finita, comparativa, e organizzata secondo criteri di profonda rottura con la serializzazione infinita dello spazio rappresentativo. L’antropologia filosofica e la fenomenologia cercheranno di legittimare a partire dalla figura di “uomo” il fondamento di queste nuove conoscenze. Oltre l’uomo“, si intravede la rivalsa del silicio contro il carbonio con le macchine cibernetiche; nei codici genetici si dissolvono le identità delle specie in eliche e combinatorie, che le modificano attraverso rotture di codici, e in ciò che Deleuze chiama in maniera eclatante: “letteratura, la cui attuale presenza non è ancora molto chiara, a meno che non si tratti di un tentativo forse intempestivo e anacronistico di riscattare il linguaggio.
Le pagine finali del corso sono un perfetto esempio, della portata dell’immaginazione teorica di Deleuze, e la sua libertà di mettere in relazione singolarità teoriche, dissipare luoghi comuni, e percorrere quello che chiama invocando Pierre Boulez, “spazio liscio” della sonorità musicale. Certo che, almeno per alcuni lettori e gli appassionati di filosofia, il pensiero filosofico ha le lettere di Foucault e la musica di Deleuze. Questo libro è un altra delle sue partiture.