“Un giorno, forse, il secolo sarà deleuziano”1. Michel Foucault, amico e per molti anni vicino alle esperienze filosofiche e politiche di Deleuze2, ha forse posto così, in queste pochissime battute, la domanda-problema che l’incontro con Deleuze apre. È forse, infatti, Deleuze il filosofo dell’avvenire che come Nietzsche inaugura un nuovo modo di fare filosofia, a cui noi oggi non siamo ancora preparati, sta qui forse tutto il senso di quel “sarà”, come a dire “è ancora troppo presto per noi” ? È quindi, forse, Deleuze quel “terzo tempo”, il tempo dell’avvenire, il tempo dell’evento, in cui la filosofia scopre nel suo stesso compito critico una funzione creatrice, per farsi creatrice essa stessa, per divenire creatrice ?
Terzo tempo come tempo dell’avvenire, dell’evento, come tempo del desiderio, tempo della creazione. Infatti, il nostro primo compito nel descrivere la filosofia deleuziana come filosofia del desiderio, è proprio quello di dare al desiderio la forma della creazione, della produzione, quindi la stessa filosofia diventa filosofia della creazione. Il desiderio, finalmente inteso come produzione, significa soprattutto che esso non manca di nulla3, ma produce e funziona, cioè crea sempre e ovunque: ovunque produzione di realtà, in quanto la realtà stessa è produzione; ovunque, quindi, produzione di produzione, in quanto il prodotto stesso è uguale al produrre; e tutto questo, quindi, esclude sia un soggetto che un oggetto, “non c’è più né uomo né natura, ma unicamente processo che produce l’uno nell’altra”. (...)