Con la corporeità dello spazio e con la sua tensione verso l’infinito si confronta continuamente anche l’arte di Sidival Fila, che si autodefinisce “pittore informale”, e dell’arte informale conserva in effetti un amore profondo per l’intensità fisica della materia, al quale però unisce un’altrettanto profonda essenza strutturale, concettuale e spirituale . “Nessun taglio, stile Fontana – afferma l’artista – anche se lui è stato tra i miei ispiratori, con Burri e Manzoni. Le mie sono piuttosto introflessioni”. Infatti lepieghe sulle tele antiche e a grossa trama che Fra Sidival usa per realizzare le sue opere sono tra i suoi strumenti espressivi privilegiati. Gilles Deleuze, rileggendo Leibniz in un suo bellissimo libro (La piega. Leibniz e il barocco, tr.it. Einaudi, Torino 1990), ripercorre la sua “teoria del continuo”: ciò che non si frammenta in parti, ma si avvolge in un’infinità di pieghe. Questa materia-piega, che si curva infinitamente, e che ritroviamo nel lavoro di Sidival Fila, è la materia-tempo, ed è la materia-vita, per la sua struttura organica, quasi “muscolare”. Anche se si tratta di arte “astratta”, e le figure sono assenti, si è accompagnati dalla sensazione di una corporeità traslata: non visibilein figura, ma sensibile nel tattilismo, nella serpeggiante tensione tra sostanza materica e struttura volumetrica. E’ identità materia-percezione-pensiero, in una perenne circolazione di energia che lo sviluppo spaziale del colore, nelle sue infinite variazioni, rappresenta. L’intensità metamorfica del colore è rafforzata da fitte trame di fili che vanno a “ricucire” le pieghe, come se si trattasse di ferite originarie da sanare. Ferite, però, sottratte ad ogni lacerazione “espressionistica”, ed elevate a un’inattaccabile dimensione simbolica, anche grazie a una totalizzante esperienza spirituale e religiosa. Un dimensione in cui la concezione della materia come corpo e come carne non può prescindere dall’Incarnazione di Cristo come fondamento di tutta la storia dell’arte occidentale.
Intenso ed enigmatico, il lavoro di Fra Sidival sul rapporto corpo-materia-colore-spazio ci avvolge nel fascino della sua ambiguità tra pittura e scultura, tra superfici pittoriche che si moltiplicano e si dilatano all’infinito. L’artista ci invita a partecipare a un gioco ai confini tra il visibile e l’invisibile, l’evidenza e il segreto, trovando saldo fondamento in uno spazio “assoluto”, archetipico, ma contemporaneamente organico, legato alla terra e alle radici che in essa proliferano. Sensibile e malleabile, la tela è corpo vivo e vibrante, aperto alla realtà esistenziale e quotidiana, in cui si raccolgono e si confrontano le più delicate o violente sensazioni di luce-colore: la tela dà letteralmente “corpo” al colore, un corpo che si dilata e si contrae, a seconda del rarefarsi o del concentrarsi del colore stesso.
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