14.11.11

Daniele Besomi - Teorie delle crisi e teorie dei cicli (Teoria della crisi IV)


(...) La transizione tra le teorie delle crisi e le teorie dei cicli, tuttavia, avven- ne solo gradualmente, passando attraverso le teorie delle crisi ricorrenti. Ben presto si osservò, infatti, che le crisi tendono a tornare con una certa regolarità, tanto che fin dal 1793 un autore (James Currie, sotto lo pseudonimo di Jasper Wilson, 1793) azzardò una stima del periodo di ricorrenza in 5-7 anni. Analogamente, nel 1826, John Wade sostenne che le crisi ricorrono ogni 5, 7 o 9 anni, stima poi ridotta a 5–7 anni nella sua opera successiva, pubblicata nel 1833. Intanto, nel 1829, un anonimo americano (probabilmente Condy Raguet) riportava che era “opinione diffusa” che il periodo medio di queste ‘fluttuazioni’ che «si presentano e [...] si presenteranno sempre nei Paesi dove circola in abbondanza la moneta cartacea» (in contrapposizione alla moneta metallica) fosse di circa 14 anni. Dopo le crisi del 1826, 1836-39 e 1847 fu sempre più accettata l’idea che le crisi ricorressero con durata approssimativamente decennale, idea che acquisì ulteriore peso con quelle del 1857, 1866 e 1878. Nel frattempo, comunque, anche senza fare riferimento ad intervalli precisi, l’uso di espressioni come “crisi periodiche” o “crisi ricorrenti” diveniva via via più frequente, e negli anni Quaranta dell’Ottocento si cominciò a ritrovarla in documenti ufficiali. In particolare, l’idea ricorse più volte nei resoconti delle testimonianze di fronte alla House of Commons Secret Committee on Commercial Distress nel 18483. (...)