Foucault introduce la presenza della follia nella società occidentale del XV secolo a partire dal quadro di Bosch che a sua volta illustra il canto XXVII del Narrenschiff di Brandt del 1492, e che esprime “la situazione liminare del folle all’orizzonte dell’inquietudine dell’uomo medievale”. La pittura e la letteratura “simbolizzano tutta un’inquietudine, apparsa improvvisamente all’orizzonte della cultura europea verso la fine del Medioevo”. Foucault sviluppa ampiamente l’argomento: “Fino alla seconda metà del XV secolo, o ancora un po’ oltre, il tema della morte è il solo a regnare sovrano. La fine dell’uomo, la fine dei tempi, prendono l’aspetto delle pesti e delle guerre. Ed ecco che, negli ultimi anni del secolo, questa grande inquietudine gira su se stessa; la derisione della follia prende il posto della morte e della sua serietà. Il terrore di fronte a questo limite assoluto della morte si interiorizza in una continua ironia, la vita stessa non è altro che fatuità, la follia è la morte già presente”. E ancora: “La sostituzione del tema della follia a quello della morte non segna una rottura ma piuttosto una torsione all’interno della stessa inquietudine. È sempre in causa il nulla dell’esistenza, ma questo nulla non è più considerato come termine esterno e finale ma è riconosciuto dall’interno, come la forma continua e costante dell’esistenza”. (...)
Tratto parzialmente da Daniel Defert - L'altra scena della pittura - pg. 17-18 (Aut Aut n.351)
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