11.12.11

10.12.2011 - Le fabbriche della triste legge - Giso Amendola @ Manifesto (recensione di De Sutter/Deleuze e la pratica del diritto)



Recensione di Giso Amendola @ Manifesto10.12.2011

Il diritto come strumento del potere costituito. È stato questo il leit motiv che ha accompagnato la critica al suo ruolo nella modernità. Recentemente si sono fatte però strada riflessioni dove la produzione delle norme può essere liberata del suo carattere oppressivo della realtà sociale. Un percorso di lettura a partire dal volume di Laurent de Sutter «Deleuze e la pratica del diritto»
I movimenti sociali hanno sottoposto a critica da lungo tempo ogni fiducia ingenua nel diritto come strumento di limite al potere e di emancipazione. La critica femminista ha messo in luce la natura sempre sessuata della norma giuridica, la critical race theory ne ha studiato il razzismo implicito, i critical legal studies continuano a scavare nel lato oscuro del discorso giuridico. Lavori preziosi in questo momento politico, in cui le retoriche della legalità rischiano di penetrare anche all'interno dei settori più critici della società. Altrettanto chiaramente, però, si avverte l'insufficienza del lavoro semplicemente «critico»: i movimenti dei beni comuni, per esempio, ricercano anche la possibilità di un uso creativo e sperimentale del diritto. È molto interessante, in questo quadro, ricordare che proprio Gilles Deleuze, il pensatore sempre associato a una strenua e creativa opposizione a ogni «legalità», filosofica, pscicanalitica o giuridica, in nome dell'irriducibilie singolarità della vita, si sentisse una sorta di «giurista mancato». Lo confessa a Claire Parnet, nell'Abecedario (i due dvd sono editi in Italia da DeriveApprodi), e proprio nella «politicissima» voce Gauche: «se non avessi fatto filosofia, avrei fatto diritto».
Giunge quindi a proposito l'edizione italiana di un importante lavoro, uscito in Francia un paio d'anni fa, di Laurent de Sutter (Deleuze e la pratica del diritto, ombre corte, pp. 103, euro 12, con una postfazione di Sandro Chignola e la traduzione di Lorenzo Rustighi). De Sutter prosegue con questo testo una serie di indagini, che hanno in Bruno Latour e in Isabelle Stengers i principali riferimenti, alla scoperta della «pratica» del diritto: le operazioni che avvengono nelle «fabbriche» giuridiche, non sono applicazioni o interpretazioni di norme, ma vanno indagate come una concatenazione di rapporti, una «lenta ruminazione» di invenzioni che non hanno alcuna «illuminazione» trascendente, nessuna luce del Bene o del Meglio che attribuisca loro un qualche senso dall'esterno. (...) 
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Scheda:
Laurent de Sutter è un ricercatore che ha lungo collaborato con Bruno Latour e Isabelle Stengers attorno allo statuto della filosofia del diritto e le pratiche scientifiche. Negli ultimi anni, tuttavia, il suo percorso teorico ha scelto anche di seguire altri sentieri. È del 2007, infatti, il saggio «Pornostars. Fragments d'une métaphysique du X» (La Musardine), all'interno del quale la dimensione della pornografia viene contestualizzata criticamente nelle pratiche di controllo del corpo, giungendo però alla provocatoria tesi che la pornografia può essere cambiata di segno per diventare una pratica della liberazione. In altri termini, mentre la pornografia è sì dispositivo di controllo della sessualità, può manifestarsi anche come critica della sessualità maschile dominante. Tesi che viene ripresa e approfondita anche nel saggio «Contre l'érotisme» ( La Musardine, 2011). Altrettanto provocatorio è il saggio «De l'indifférence à la politique» (Puf, 2008), dove Laurent De Dutter analizza sì la disaffezione alla politica, ma rintracciando in alcune pratiche sociali soprattutto la lontananza dalla pratiche politiche istituzionali incardinata in una critica della società del controllo. Il libro invece su «Deleuze. La pratica del diritto» nasce invece sulla rinnovata attenzione verso gli scritti Deleuze attorno al rapporto tra norma e legge, alla luce anche di alcune esperienze di critica del diritto e di sviluppo di norme alternative a quelle dominanti che tuttavia definiscono le regole attinenti a specifiche forme di vita.