19.7.12

A closer control::Sulla democrazia nelle Società di Controllo by UT (Deleuze and New Technology's ANobii review)



“I dream in code” (Josh Nimoy in Clouds, docu-film sui new media e l’arte-digitale) 
 “Il marketing è ora lo strumento del controllo sociale e forma la razza impudente dei nostri padroni” (Poscritto sulle società di controllo, Gilles Deleuze) 
 “L’unica accettabile forma di libertà nelle moderne società neo-liberali è la sfrenata libertà di consumo del mercato” (Politics in the Age of Control, Saul Newman) 


Age of (closer) Control.Queste brevi note sulla dilagante Società di Controllo nascono dalla lettura dell’antologia di saggi intitolata “Deleuze and New Technology”, edito nel 2009 da Mark Poster e David Savat per l’illuminata serie “Deleuze Connections” proposta regolarmente da anni dalla Edinburgh University Press, il cui editor è Ian Buchanan. L’obiettivo della presente raccolta di saggi è di colmare il vuoto di analisi filosofica e politica che si è venuto a creare tra il pensiero deleuziano e il mondo contemporaneo sempre più mediato dalle nuove tecnologie. Questo vuoto appare strano ai più attenti studiosi del pensiero deleuziano in quanto il filosofo parigino si è occupato a più riprese del rapporto tra reale e virtuale, e non ultimo tra la macchina sociale e la sua dimensione tecnologica, realizzando un compiuto corpo di pensiero che interseca filosofia, scienza e arte. “Deleuze and New Technology” indaga in particolare il rapporto tra New Media e Deleuze-pensiero e, da questo punto di vista, l’intervento più analizzato e citato è uno scritto “minore” ma altamente suggestivo come il “Poscritto sulle società di controllo” (1990), breve intervento comparso su “L’Autre Journal” e inserito poi nella raccolta “Pourparler” (edizione italiana di Quodlibet, 2000). Tra i vari saggi (Pisters, Buchanan, Murray, Sorensen, Conley et alii) ci soffermeremo sul testo proposto da Saul Newman intitolato “Politics in the Age of Control” in quanto ci sembra il più lucido e penetrante sulle dinamiche attuali della nostra società coeva. 


Superamento delle società disciplinari. Deleuze nel “Poscritto sulle società di controllo” postula che la nuova società che si sta ramificando nel cuore dell’Occidente - o di tutto il mondo che persegue l’occidentalizzazione - s'incentra sul controllo pervasivo dell’individuo, prolungando su questo preciso punto il pensiero di Foucault; questa neo-vigilanza s'incunea nel tessuto sociale esistente articolando e riconfigurando la precedente società disciplinare che si basava sui dispositivi di internamento spazializzati (carcere, ospedale, manicomio, fabbrica, scuola). Deleuze non teorizza che la prassi disciplinare sia cancellata ed estinta - mai come oggi presente, vedi i recenti dati USA di presenze nelle carceri in percentuale sulla propria popolazione; con oltre 2 milioni di internati la federazione americana è seconda solo all’Unione Sovietica dell’era stalinista- ma propone che un nuovo modo di controllo, più efficace, sottile, sfuggevole e raffinato, sia all’opera nelle società attuali. Non più la norma da infrangere ma la password da digitare è l’elemento che contraddistingue il passaggio tra il vecchio e il nuovo. Fuor di metafora, la password è l’elemento digitale attivo ed identificativo che permette di tracciare i movimenti dei singoli e delle collettività nei mondi binari delle banche, intese sia come ricchezze stoccate che piattaforme di informazioni amorfe ma sollecitabili. La pura informazione digitalizzata intesa come “dato” è la commodity più preziosa. Il codice e la programmazione sono la nuova giurisprudenza, il software è paradossalmente l’elemento duro di questa reificazione dell’Attuale nonché della sua valorizzazione. Qualche esempio randomizzato? L’analogico che scolorisce nel sintetico, il frontismo cassato dal click+hacktivismo, il drone che sostituisce la leva obbligatoria e l’elemento umano, l’intervento diretto sul Dna che supera le prevenzioni, la formazione on-line che scardina l’ambiente chiuso scolastico, la biometria e il braccialetto elettronico che si sovrappongono all’internamento, la monetica che bypassa il denaro, il prelievo diretto dal fluire scomposto che si oppone allo scambio e alla produzione... Big Data, Big politics come recepisce il motto made in USA. E per finire, il debito che trasversalmente ricombina le classi sociali e riconfigura il mondo del lavoro e intomba il welfare state: “L’uomo non è più l’uomo rinchiuso ma l’uomo indebitato”(1) 


L’emergere della società di controllo é coestensivo all’affermarsi dell'egemonia neo-liberale. Il perno centrale dell’analisi di Saul Newman, almeno dal punto di vista storico, si fonda sulla coestensività dell’emersione delle nuove pratiche di controllo con l’affermarsi dell’egemonia neo-liberale, in forma relativa fin dagli Settanta del XX Secolo ma in forma assoluta dopo il crollo del sistema post-monetario analogico-sovietico. Siamo entrati, rileva Newman, nell’epoca delle post-democrazie o, come afferma Jacques Rancière, nell’era post-politica (2), dove per post-politica non si deve pensare alla fine della politica ma ad una sua versione riformata e rielaborata in sequenze “dure” che sottraggono spazi politici, nel senso lefebvriano del termine, più che aprirne di nuovi.(3) Sondaggi, focus-group, consensi tecno-mediati, guru nazi-pop, voto elettronico, governi tecnici modellati su elite biocratiche, apparati militar-mediatici-spettacolari, conglomerati sovra-nazionali, organizzazioni politico-finanziarie imperial-mondiali, agenzie di marketing monitoranti il mercato elettorale... Fanta-post-politica ? Basta guardare, come esempio italiano, a due storie recenti di successo elettorale: Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Seppur con dinamiche diverse e opzioni valoriali opposte, ambedue le esperienze hanno dietro le quinte un “nocciolo duro” composto da aziende di marketing: la Publitalia ’80 di Dell’Utri per Forza Italia! e la Casaleggio Associati per M5S. Aziende di consulenze strategico-commerciali, televisive per gli uni, internettiste per gli altri, all’interno delle quali si coagulano competenze e saperi di “visione e missione”. Un altro fattore che appare organico allo sviluppo post-politico proposto da Saul Newman è il governo tecnico nella sua accezione più vasta; tali governi sono apparsi come il salvagente ultimo delle nazioni europee in crisi nella macro-battaglia tesa a salvare l’euro dal fallimento prescritto dai mercati finanziari: si sono contati ben sette governi tecnici, non nominati da elezioni democratiche, nella compagine europea degli ultimi due anni. Il governo Monti, anche in questo caso, rappresenta la versione italiana di questo modus operandi tecnocratico mentre il governo-spettrale-post-elettorale belga, un commissariamento durato oltre 400 giorni, ne è l’esempio estremo. In ultima analisi, la fase nascente della post-democrazia suggerisce lo svuotamento e l’invalidità dei modelli politici novecenteschi ereditati dall’apogeo delle società disciplinari del XIX secolo. Urgono, a parere di Saul Newman, nuove soggettività che sostituiscano ai concetti marxisti di conflitto, lotta di classe e proprietà dei modi di produzione capitalisti, nuovi vocabolari e inedite forme di lotta. La fase di esaurimento di buona parte della politica marxista e suoi derivati appare giunta al termine (come appaiono i risultati elettorali delle formazioni che si richiamano al marxismo duro e puro, ridotti a presenze marginali nelle aule parlamentari), comprovata nel terreno conflittuale della praxis dall’infittirsi delle “rivolte” mentre si sono rarefatte le “rivoluzioni” (4). 


Sulla produzione di nuove soggettività. Come ci ricorda Foucault in alcune sue analisi feconde, ogni singolo periodo storico produce la propria forma di soggettività, ovvero il singolo è formato dal proprio ambiente e non ha dotazione propria. Siamo Storia e non Natura. Il neo-liberalismo, poi, produce un proprio soggetto-tipo al quale, con traiettorie e parvenze raffinate, fa sparire la totalità pervasiva dell’involucro-Sistema. Il palcoscenico del potere è vuoto. Il soggetto è invitato a pensare di essere maggiormente emancipato con uno stato più leggero, una società più aperta e la libertà di esercitare le proprie scelte di vita adeguate al proprio gusto e temperamento. Nulla di più falso, afferma Newman, in quanto il neo-liberalismo è tanto naturale quanto il mondo creato ad hoc per Truman Burbank. Le soggettività formattate dall’attuale plesso mediatico-militar-spettacolare sono doppiamente false: le soggettività neo-liberali, plasmate dal cosmo-debito e dalla forma-lavoro, pensano che il Pensiero Unico sia quanto di più innaturale all’attuale sistema vigente e le libertà prime siano perimetrate all’interno delle scelte “naturali” del consumo (qualsiasi prodotto, in qualunque luogo, esattamente in questo momento). Tanto più siamo governati da élite opache e sfuggenti quanto più ci si richiama alla trasparenza e alla partecipazione. Anche i “rioters” neo-nichilisti prediligono non più l’assalto al Palazzo d’Inverno (tanto il luogo del Potere è vuoto) bensì al supermercato all’angolo per fagocitare connessioni hi-tech a costo zero (l’esproprio proletario mirato e utilitarista). Neo-con(sumer) piuttosto che Neo-Con(servative). Anni addietro si cercava di guadagnare il potere conquistando fisicamente la televisione di stato e i suoi uffici, ora si fracassa il video inanimato degli sportelli automatici bancari. Dallo studio televisivo al bancomat, è pur sempre un divenire... Saul Newman, con Badiou, ha gioco facile nel suggerire che mentre la politicizzazione dei singoli avviene storicamente con forti sequenze di “soggettivizzazione radicale” il pensiero neo-liberale forma - al contrario - de-soggettivizzazioni autarchiche ovvero disimpegni, identità deboli e sottrazioni dai propri ruoli sociali (famiglie atomiche, classi di appartenenza, identità valoriali politiche e religiose). Il collegamento immediato è al Deleuze paesaggista (si sogna sempre un paesaggio mai un s/oggetto) e al Pasolini malinconico per la mancata rivoluzione comunista (la lotta di classe è del tutto "recuperata" nel momento stesso in cui l’operaio desidera la mercedes e lo stile di vita del padrone borghese). Anche nei casi proposti da Saul Newman, è la concezione del tempo ad essere rimarcata: terminato lo spirito millenario e la progettazione del mondo avveniristico dell’uomo nuovo, ci si ritrova nella più pura contingenza. Ovvero l’universalismo è inteso come strategia neo-localistica contingente e non nelle sue essenzialità concettuali quali - ad esempio - classe e/o razionalità. Il passo a politiche senza identità - ovvero a politiche falsamente post-ideologiche il cui presupposto è il leit-motif neo-liberale che la destra e la sinistra uguali sono, l’opinione è preferibile all’ideologia e il generico semplificato (con la sua ovvia ricaduta nella “nettezza” delle posizioni) è preferibile al complesso - è assolutamente breve. Il già logoro vocabolario in voga ai giorni nostri propone termini “elusivi e innocui”come democrazia, trasparenza, efficienza, merito, giustizia e questi lemmi fanno parte a pieno titolo dell’ideologia neo-liberale (“Volete voi una società più giusta ? Sìììì, all’unisono!”). All’identità, nelle società del controllo, è preferita l’identificazione. La profilatura rubricata a segmenti, il costante monitoraggio e i nuovi archivi di stoccaggio-dati elaborati dalla forma-nube e dal fruscio impercettibile dei fiotti-dati anonimi sono le caratteristiche salienti del passaggio al regime identificativo che ci sovrasta... 


1) Deleuze: Poscritto sulle società di controllo 
2) Rancière: Disagreement. Politics and Philosophy 
3) Henri Lefebvre: The Production of Space 
4) Pierandrea Amato: La rivolta


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