Lo spettacolo nasce dalle riflessioni sul mito di Persefone-Kore sviluppate da Giorgio Agamben nel saggio La ragazza indicibile.
Un lavoro sull'anima della figura femminile, sul mito ancestrale della fanciulla.
Giorgio Agamben parte dall'affascinante mito di Kore, fanciulla rapita da Ade, dio dell'oltretomba, che la portò negli inferi per sposarla contro la sua volontà, e identificata nel culto pagano come la dea responsabile dello scandirsi delle stagioni sulla terra.
Un itinerario, un viaggio nei miti legati all'anima femminile fino ad arrivare alle visioni della contemporaneità.
Kore è l'emblema di quella "indicibilità" che appartiene ai misteri rivelati agli iniziati, verità incomunicabili con proposizioni, con il logos, essa incarna la conoscenza suprema e la visione misterica, ed è quindi, con essa, "indicibile".
Kore è la "fanciulla divina" e l'indeterminatezza della sua figura tende ad annullare la soglia tra la donna e la bambina, la vergine e la madre, l'animale e l'umano, e tra quest'ultimo e il divino.
Sei danzatrici guardano alla strada dell'ascolto cercando di trarre il silenzio dal vociferare di immagini.
Sono bambine e anziane allo stesso tempo, tenui e contratte, forza vitale che non esita a rendersi buffonesca in questo danzare via i gesti dal corpo. Attraversano prove sul mutismo, il toccarsi, il donarsi giocando tra loro ad alleggerire lo spazio, al gioco del vuoto che irrora sangue e energia nell'umano.
Cercherò qui di tornare primitivamente alla danza come corpus poetico interiore che guarda all'oggi con la gioia infinita dell'origine e il farsi della figura dinamica tra l'intimità e l'altro. Tutto cerca un passaggio intimo tra creazione e perdita del gesto.
La trama riconduce i fatti dentro al corpo come un dialogare silenzioso: fuoriescono dunque le forme, le figure, le declinazioni fisiche e le dinamiche che accennano e infine si compongono in fraseggi danzati, giocati attraverso una partitura di cesure. Queste cesure rappresentano la soglia dove le donne si danno alla danza organizzando un toccarsi coreografato che richiama all'istinto, al cogliere la risonanza con l'altro, al farsi eco e tramite di un vivente della pelle.
Vivere la coreografia come perdita e nascita, lampi di intuizione organizzati in movimenti destinati a sparire ma ricchi di intimità, di un fare primitivo lontano dal corpo dell'oggi, di un dialogare per gesti che trae dall'altro le minute sensazioni che deflagrano nel gesto.
Insieme le sei danzatrici costruiscono il loro mistero che in ogni attimo appare per quello che è: un corpo che si dona alla dinamica di cellule che si trasmettono le declinazioni dell'intuito per unirsi nella forma della dinamica.Virgilio Sieni
Sono bambine e anziane allo stesso tempo, tenui e contratte, forza vitale che non esita a rendersi buffonesca in questo danzare via i gesti dal corpo. Attraversano prove sul mutismo, il toccarsi, il donarsi giocando tra loro ad alleggerire lo spazio, al gioco del vuoto che irrora sangue e energia nell'umano.
Cercherò qui di tornare primitivamente alla danza come corpus poetico interiore che guarda all'oggi con la gioia infinita dell'origine e il farsi della figura dinamica tra l'intimità e l'altro. Tutto cerca un passaggio intimo tra creazione e perdita del gesto.
La trama riconduce i fatti dentro al corpo come un dialogare silenzioso: fuoriescono dunque le forme, le figure, le declinazioni fisiche e le dinamiche che accennano e infine si compongono in fraseggi danzati, giocati attraverso una partitura di cesure. Queste cesure rappresentano la soglia dove le donne si danno alla danza organizzando un toccarsi coreografato che richiama all'istinto, al cogliere la risonanza con l'altro, al farsi eco e tramite di un vivente della pelle.
Vivere la coreografia come perdita e nascita, lampi di intuizione organizzati in movimenti destinati a sparire ma ricchi di intimità, di un fare primitivo lontano dal corpo dell'oggi, di un dialogare per gesti che trae dall'altro le minute sensazioni che deflagrano nel gesto.
Insieme le sei danzatrici costruiscono il loro mistero che in ogni attimo appare per quello che è: un corpo che si dona alla dinamica di cellule che si trasmettono le declinazioni dell'intuito per unirsi nella forma della dinamica.Virgilio Sieni